mercoledì 21 marzo 2018

La resilienza

Come diceva Norbert Elias, una delle più grandi figure della sociologia del secolo scorso, ma poco considerato, “…mai come oggi gli uomini sono morti così silenziosamente e igienicamente e mai sono stai così soli…”. Da un po’ di tempo mia mamma si trova in una struttura d'accoglienza per anziani. Una scelta “obbligata”, dettata da una serie di problemi e malattie che la devastano. Non cammina da quando ha rotto il femore, ha il Diabete alle stelle, ha il Parkinson che galoppa, ha la Disfagia, ha il catetere fisso, ha la flebo in vena ogni mattina…., prende un sacco di medicine. Dal punto di vista clinico è messa male, e quindi per questi problemi, com’è ovvio, ha bisogno di assistenza sanitaria specifica H24. In 'sto luogo, in questa convivenza obbligata, oltre mia mamma, anche io ho creato una rete di relazioni… E’ strano come persone che incontri casualmente nel corso della tua vita, poi, a forza di frequentarli, giorno dopo giorno, diventino i tuoi confidenti, i tuoi amici, la tua famiglia. Da quando mia mamma è qui ho conosciuto persone di ogni tipo: soli, disorientati, saggi, perfidi, trascurati, curati, generosi, tristi, musoni, burloni, stanchi, energici…. Anche tipi che normalmente vengono definiti matti. Spesso alcuni di essi mi servono delle confessioni. Con parole che si possono toccare e toccano. Conversazioni senza segreti, libere, che, stranamente, procedono pacate su temi del futuro, su ricordi senza nostalgie. Di un gruppo, personale e residenti, che deve continuamente fare fronte a nuove incertezze, che impara a convivere, a collaborare, che ogni giorno è costretto a risolvere nuovi problemi. Da alcuni di essi, soprattutto da coloro che sono più soli, ormai compagni di vita di mia mamma, e quindi di famiglia, durante le giornate che in 'sto posto si assomigliano tutte ho imparato la resilienza. Il termine "resilienza" in origine proveniva dalla metallurgia e indica, nella tecnologia metallurgica, la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate. In psicologia la resilienza è una parola che “indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità...". Li ringrazio tutti..., anche per avermi insegnato che chiedere aiuto non è una forma di debolezza, ma di forza.

venerdì 16 marzo 2018

Mangiarsi le parole

La scuola e i libri io li ho amati tardi. Da “gagno” erano la mia ossessione. Ero poco persuaso dai due. La scuola, con le sue ristrettezze morali che solo a ricordarle si diventa rossi, coi voti maledetti, con gli esami senza senso…, mi metteva a disagio. I libri invece, che a casa mia mancavano, mi facevano pensare ad un modello sociale che non mi piaceva…, da tipi intellettuali snob. Insomma..., fino a quasi vent'anni, mi trovavo più a mio agio in mezzo alla strada che in una biblioteca. Nella maturità invece i libri sono diventati la mia passione. Ne ho dappertutto e appena ne inizio uno devo subito legger anche quello dopo, e quello dopo ancora, e così via, in una spirale di passione letteraria dalla quale non ne esco più. Intendiamoci…, non sono un fanatico, uno che i libri li divora, ma quando sono a casa in meditazione, o al lavoro che mi porta a destra e a manca - molte volte in solitudine - il libro rimane il mio “riposo" preferito. Come, è anche il regalo che apprezzo di più. Dei libri che posseggo molti parlano della mia terra d’origine, la Sicilia, di gente, di neorealismo…, molti altri di cibo, di vino, di cucina, di antropologia del mangiare e del bere. L’altra settimana ho avuto il piacere di conoscere il professor Luca Clerici dell’Università degli Studi di Milano, grazie ad un altro professore suo collega, Riccardo Guidetti, docente nella stessa Università, con cui per lavoro collaboro ogni tanto. Mi ha omaggiato “Mangiarsi le parole”, un volume di ricette di alcune delle penne più importanti della letteratura italiana compresi dall’Unità nazionale ad oggi. Per citarne alcuni, Leonardo Sciascia, Dacia Maraini, Carlo Emilio Gadda, Umberto Eco, Alberto Moravia, Giuseppe Ungaretti, Mario Soldati, Gianni Brera, Luigi Veronelli, Andrea Camilleri…. Alcuni di essi sono miei miti... Il testo è un'antologia gastronomica di piatti, che si possono cucinare, che il professor Luca Clerici ha curato personalmente attraverso un’ approfondita e importante ricerca storica sull’argomento. Il libro parla di cibo sognato, desiderato, cucinato. Dello stare insieme, dei luoghi, dell’identità. In questo tempo in cui siamo tutti immersi nella cucina, e la cucina ci sovrasta, questo libro esce dagli schemi di quelli che ormai sul cucinare hanno difficoltà a pensare e a comunicare qualcosa di originale. E' un'opera che fa parte di quella “comunità di senso”, ormai defunta, della comunicazione intelligente sul mangiare. Uno strumento di conoscenza e coscienza che elabora una forma culturale di resistenza, all’omologazione in atto sul tema. Diversa dalla comunicazione odierna che allena solo più incoscienza, praticata da gruppi chiusi, settari, sapientoni e classificatori della cucina globale che produce solo contrapposizioni e eresie…, (leggi eventi e congressi sul tema in cui ci vado ormai solo per sentire chi la spara più grossa)... Mannaggia a cos'ho detto! Me lo suggeriscono in tanti che delle volte dovrei imparare a mangiarmi le parole…


venerdì 2 marzo 2018

Runner’s Selfie

Sono un runner di quelli che pensano che il momento dedicato alla corsa è un tempo dedicato a se stesso. Mentre corro innalzo il mio personale grado di autostima… Per questo il cellulare, di solito,  lo lascio a casa tagliando i ponti con il mondo esterno e vivere appieno le emozioni legate a questo momento. Quando invece vado a correre in luoghi suggestivi, unici, “meritevoli” di un Runner's Selfie, il cellulare me lo porto dietro..., per dar sfogo ad un mio vezzo irrinunciabile: immortalare la mia corsa in quel posto e mandare la prova agli amici. E’ successo anche martedì scorso. Mi trovavo per lavoro ad Agrigento al Congresso Regionale dei Cuochi Siciliani. Più precisamente ero a Porto Empedocle, posto reso famoso per la casa natale di Luigi Pirandello, a due passi dalla Valle dei Templi patrimonio dell’umanità. Nel mosaico di culture del Mediterraneo, questo pezzo di terra, fronte africano della Sicilia è il numero 1 del milieu storico culturale nazionale. E’ un posto magico, incredibile, se si tiene anche conto che lunedì mattina il clima che ho trovato lì corrispondeva più o meno a quello di una primavera inoltrata del nord, prati verdi e alberi in fiore! Forte anche di questo, quindi, martedì mattina, decido di raggiungere di corsa, in sospirata tenuta runner primaverile, il sito della Valle dei Templi per farmi il mio “Runner’s Selfie”. Il posto è seducente. Lo avevo visitato già altre volte, ma solo sempre in abiti “borghesi”. Il percorso, in tutto, A/R dal mio albergo, è di 13 km, quasi la metà in salita. Mentre mi avvicinavo immaginavo già la faccia degli amici alla ricezione del mio Runner's Selfie coi Templi. Alle otto meno un quarto, circa, ho raggiunto l’ingresso del Sito. Il personale della reception era nel tran, tran della biglietteria ancora chiusa. Senza pensarci troppo, con gesto impavido e anche un po’ incosciente, ma secondo me legittimo per un Runner's Selfie, salto i tornelli e mi infilo dentro proprio mentre il cancello principale si apre per far passare una macchina di un addetto. Senza ansia catastrofista supero la macchina e corro verso i monumenti per il mio Selfie imperdibilie.... Peccato che a dieci metri dal Tempio di Giunone, mentre cercavo di sfoderare il cellulare dalla tasca, il tipo in macchina mi raggiunge e con tono incazzoso mi dice che me ne devo andare... L’audacia si sa non mi manca e più la meta si fa difficile, più la sfida mi piace. Con la faccia da culo che mi distingue faccio finta di non capire e gli recito un “I’m sorry, I don’ t understand”, cercando di avvicinarmi ancora di più al Tempio.... Cosa ho mai fatto!?!....  Da sto momento in poi si consuma una delle più incredibili sceneggiate alla Totò... Con sto tipo che voleva buttarmi fuori in tutte le maniere gridandomi "out!out! out! e io che da ebete interdetto, in inglese, cercavo di fargli capire che volevo solo farmi un Selfie davanti al Tempio.... Al mio ennesimo provocatorio “I’m sorry I don’ t understand”, questo, ancora più incazzatissimo, fa cadere la mia maschera: “...calma" - gli dico in italiano - " tranquillo, voglio solo farmi un Selfie….”.  Ormai sgamato, sto tizio, ancora più disturbato, mi chiede con tono ancora più minaccioso i documenti, sventolandomi in faccia il "Tesserino dei Tesserini", mentre al cellulare chiama anche una pattuglia... Nei minuti successivi, un po' per sdrammatizzare e un po' per esorcizzare il peggio, non ce l'ho più fatta..., e cercando di convincere il tipo che la sua reazione mi pareva esagerata, con simulata indifferenza, cellulare alla mano, gli ho chiesto: “... scusi, mentre aspettiamo i suoi colleghi, visto che sono già qui, posso farmi sto benedetto Selfie?... Oppure me la fa lei una foto con il Tempio…?"...